
Papa Luciani (Giovanni Paolo I) scrisse che “La speranza è il sorriso della vita cristiana. La speranza vuol dire aspettare. Noi cristiani siamo gente che aspettiamo qualche cosa di bello, qualche cosa di straordinario dal Signore”.
Per tanti anni ho avuto affisso alla parete di una sala dell’episcopio un grande panno acquistato in Madagascar, sul quale era stampata una barca da pesca dalla quale alcuni pescatori gettavano a mare una grande rete. Sotto c’era una frase in lingua malgascia che diceva:”aza marary toky”, che significa: “non perdere la speranza”. L’espressione intende descrivere lo stato d’animo dei pescatori un po’ delusi per la scarsa o infruttuosa pesca che avevano fatto, ma nello stesso tempo indica la loro ferma volontà a continuare nell’opera iniziata.
In quell’occasione incontrai nel seminario di Antsiranana (Diego Suarez) un giovane che aveva conosciuto i nostri confratelli di Vohemar e ne desiderava condividere l’impegno missionario. Dopo diciotto anni dal nostro arrivo in terra malgascia considerai quell’approccio vocazionale come un segno favorevole al proseguimento della nostra missione. Da quell’incontro personale con il seminarista Pascal Tsimanarisoa si può dire che è iniziato lo sviluppo, che poi è diventato rigoglioso, della missione redentorista in Madagascar. La disponibilità, il coraggio, la decisione, la testimonianza umile e perseverante di chi crede in un grande ideale e la paziente attesa di persone fiduciose ha permesso di proseguire nell’opera intrapresa.
Grande è stata la consolazione e la gioia di poter partecipare, dopo nove anni, nel 1994, all’Ordinazione presbiterale di quel giovane che è diventato il primo missionario redentorista indigeno. Il piccolo seme caduto in terra era già germogliato e aveva suscitato nuove e numerose vocazioni in vari villaggi e località del Madagascar, che venivano accolte nella comunità di Vohemar.
In precedenza ero andato nuovamente, nel 1988 e nel 1989, per riflettere insieme ai missionari residenti in Madagascar sulle modalità concrete per assicurare la permanenza redentorista in quella nazione. I germi di vocazione che man mano si manifestavano ci sollecitavano a rompere ogni indugio e a trovare soluzioni per la continuazione della missione affidataci. E’ stato un lavoro duro, ma affrontato con serenità e fiducia, perché bisognava far sì che alle esigenze impellenti della missione si trovassero risposte adeguate e soddisfacenti. In quella situazione sentii forte la necessità di interpellare anche i confratelli della Provincia Madre e di sondare la loro disponibilità ad uscire dalla propria terra e andare dove il Signore ci aveva chiamato a realizzare un suo progetto.

La speranza non fu delusa perché la risposta generosa di due confratelli, p. La Ruffa Francesco e p. Antonino Pascale, pronti a dare la propria vita per il Vangelo, aprì nuovi orizzonti. Era giunto il tempo di dedicarci con maggiore tenacia alla formazione dei giovani malgasci che chiedevano di fare esperienza della vita redentorista. Era importante perciò offrire loro tempo e luogo per un cammino vocazionale, fatto di studio e di vita comunitaria. Il Consiglio Provinciale non frappose alcuna resistenza e con audacia decise di costituire una comunità e, a proprie spese, una casa religiosa come luogo di accoglienza, di discernimento e di studio nella città di Antananarivo, capitale del Madagascar.
Dopo tanti anni posso dire con intima consolazione che quella scelta è stata provvidenziale e ha permesso che qualcosa di bello e di straordinario si compisse, dopo una lunga attesa impastata di sacrifici, di preghiere e di riflessioni. Lo Spirito del Signore ha guidato i nostri passi e ci ha resi strumenti docili alle sue ispirazioni.
Tutto ciò è accaduto perché gli operai della prima ora sono rimasti al loro posto nonostante tutto, accettando l’asprezza del luogo e i disagi della lontananza, e, come un piccolo seme, hanno atteso con perseveranza il giorno della fioritura. La loro fedeltà e il loro entusiasmo hanno ottenuto un fecondo risultato con un’abbondanza di vocazioni che hanno permesso ai redentoristi di rimanere in Madagascar e di abitare poveri tra i poveri tra la gente, per annunciare la copiosa Redenzione di Gesù.
Antonio Napoletano C.SS.R.
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